Capirti (buon compleanno Polly Jean)

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Lo sai, Polly Jean, che ho sempre pensato a questa strana rincorsa tra te e me. Tu compi gli anni, io ti raggiungo due mesi più tardi, giorno più, giorno meno. Ti raggiungo e torniamo ad avere la stessa età.

Pensa che stupido: questa cosa mi ha fatto persino immaginare un’affinità, mi ha illuso che in qualche modo potessi capirti un po’ meglio. C’è un’altra cosa che, per così dire, ci accomuna: l’origine periferica, da cui la tensione – peraltro inevitabile – a uscire dal nido, a scoprire quale luogo del mondo potesse meglio farci dire “io”. Tu, inutile dirlo, lo hai saputo fare bene. Meravigliosamente bene.

Sei andata e tornata, col tuo bagaglio di canzoni travolgenti, di maschere e ombre, di archetipi e corpo, di furia e incandescenza. Sei tornata più forte, migliore, con la tua imprevedibile, tenace generosità. Mentre ti rincorrevo, anni fa, mentre credevo di capirti, ho pure scritto un libro sulla tua parabola, quella che da Yeovil ti portò a sorvolare Bristol, Londra, New York, fino al ritorno ai misteri gessosi delle tue terre.

Quel libro è rimasto lì, come un sogno ibernato. Tu invece sei andata avanti. Hai allargato lo spettro, la consapevolezza, la padronanza. Non m’illudo più di rincorrerti, sai? Eppure sono felice di averlo pensato possibile. Di essere stato così stupido da crederlo possibile.

Buon compleanno, Polly Jean.

 

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