728 persone sugli spalti dello Studio 50, New York City. È il 9 febbraio del 1964. Come ogni domenica sera da sedici anni, il volto burbero e arguto di Ed Sullivan si appresta a bucare lo schermo per intrattenere milioni di statunitensi. Ancora scottato dal caso Elvis, che scartò nel 1956 per poi vederlo furoreggiare dai rivali del Tonight Show (si rifarà invitando The King per tre epiche serate), Sullivan intercettò i Beatles nel 1963, prima che la mania deflagrasse negli USA, strappando un accordo sulla base di diecimila dollari per un’esibizione live nel suo show.
Ma la beatlemania era alle porte: i 728 sugli spalti furono selezionati tra oltre cinquantamila richieste di partecipazione giunte in redazione. L’audience della puntata – che vide i Fab Four interpretare All My Loving, Till There Was You (cover di Meredith Willson), She Loves You, I Saw Her Standing There e I Want to Hold Your Hand – sfiorò il 40%, raggiungendo quasi 74 milioni di spettatori in tutti gli States, surclassando i 60 milioni ottenuti da Elvis (il quale inviò un telegramma di complimenti, inviato in realtà dallo scaltro Colonnello Tom).
Secondo una leggenda consolidata, durante questa sorta di ipnosi collettiva si verificò un drastico calo del numero dei crimini, come se nessuno, neppure il peggiore dei malintenzionati, potesse resistere al fascino fragoroso della novità atterrata da oltreoceano, un fenomeno capace quindi di unificare un Paese ancora scosso dall’omicidio di JFK: pare che si tratti, appunto, solo di una leggenda, anche se bellissima.
Tra gli altri ospiti previsti quella sera, eclissati dalla supernova beatlesiana, c’era il cast del musical Oliver, di cui faceva parte anche Davy Jones, futuro Monkees, che quindi ebbe la possibilità di intravedere il proprio destino da emulo catodico dei Beatles.
Al termine della puntata, il direttore musicale del programma, Ray Bloch, si dichiarò poco convinto delle doti dei quattro inglesi: “non dureranno molto, forse un anno“.
[…] di band che hanno tradito in positivo le premesse iniziali, decollando verso livelli impensabili. I Beatles hanno stabilito un cliché forse insuperato, passando in meno di due anni da Help! (agosto 1965) a […]
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[…] seriamente di chiamarsi Jude, in omaggio ai Beatles. Ma alla fine, per fortuna, preferirono omaggiare i Talking Heads (vedi alla voce True […]
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[…] dei Beach Boys sono una croce sulla mappa dei sogni, un suono riconoscibile quanto quello di Beatles e Dylan, ma forse di più. E – come per i Fab Four – gran parte della fama si deve ai primi […]
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[…] Firenze. Aspettavo che terminassero le prove per uno spettacolo di danza di mia figlia (ispirato ai Beatles, per la cronaca) e intanto passeggiavo. Fuori, c’era un sabato pomeriggio grigio e pigro, […]
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