L’enigma della nutria

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Se non conoscessi già per intricate vie web e social (che poi sono più dirette di un frecciarossa) Andrea Zandomeneghi – ovvero a livello di curriculum letterario, essendo egli autore di racconti nonché già tra gli artefici della webzine Crapula – la lettura de Il giorno della nutria (Tunué) si sarebbe consumata tra costanti vampe d’incredulità. “Davvero“, mi sarei chiesto ogni tre per due, “sto sfogliando le pagine di un romanzo d’esordio? E questa screanzatissima padronanza? E questa grassa disinvoltura?

nutria-coverColpisce difatti l’agilità con cui l’autore si fa beffe di plot, ganci narrativi, svolte adrenaliniche, tutto ciò insomma che di norma – a quanto pare – garantisce un sia pur minimo appeal. Qui invece la trama tende pericolosamente al pretesto puro, è piena di brecce e ventricoli, è il ventre dove nidifica un verminaio spassoso di tesi, sentenze, digressioni. Il protagonista dichiara di avere antenati dallo stesso cognome dell’autore, ma non si chiama come lui, e qui boh, essendomi rifiutato di leggere interviste e recensioni, chissà che vuol dire. Chissà se nell’ambientare la vicenda a Capalbio – dove Zandomeneghi in effetti vive – l’autore non voglia (come in effetti sembra) rovesciare ulteriori tensioni autobiografiche nel testo, sfruttare il brivido del confine, dove la finzione è solita sfrucugliare tra le dita dei piedi della realtà. Boh, beh, bah.

Ma una cosa qui è certa: la finzione è al suo massimo, è una febbre, è tempo distorto, percezione obliqua, stallo e refluenza della realtà, sospensione e scarto, accelerazione e abbattimento. Irruenza, reticenza, ira. L’azione è costantemente negata eppure l’accadere è continuo, non è data tregua, siamo in un recinto puramente letterario, con spifferi d’immaginario nerd tra folate speculative che strappano il sipario.

Il tutto s’avvia da una nutria, spellata e congelata, rinvenuta sul pianerottolo: cos’è? Un zandomeneghiavvertimento? Una minaccia? Resterà, fino all’ultima pagina, un enigma raccapricciante, la Rosebud verso cui tutto converge anzi precipita, rivelando il catalogo di colpe, traumi, ossessioni, lacerazioni, vizi e stravizi che abitano la monade tossica e alcolica – nonché malamente cefalgica – del protagonista, una specie di ibrido tra il D.F. Wallace gonzo (che si fa personaggio) e il Drugo, con un bel pizzico di H.S. Thompson, col surplus di una sessualità che è nervo scoperto e luce-guida verso un approdo immancabilmente buio.

Romanzo di de-formazione grottesco, filosofico e ridanciano, si concede forse un finale poco incisivo, ma questo Il giorno della nutria colpisce già abbastanza in itinere: uno degli esordi più interessanti che ricordi.

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