Scrivo su Sentireascoltare dal tardo 2001, o dai primi del 2002, non ricordo bene. Fatto sta che in diciassette anni non avevo ancora scritto nulla su Nick Drake. A ripensarci, mi sembra incredibile.
Ho rimediato – anzi: ho iniziato a rimediare – con questa recensione di Five Leaves Left, l’album d’esordio del mai troppo compianto cantautore inglese, uscito il 3 luglio del 1969. Ne è uscita una recensione lunga che avrebbe potuto essere lunghissima: non è stato facile tenere fuori ciò che questo disco è stato davvero per me, il modo in cui – assieme ai “fratelli” Bryter Layter e Pink Moon – ha ricalibrato modi e portata del sentire attraverso le canzoni, come se Nick possedesse un proprio tempo e uno spazio in grado di produrre la dimensione dove si consumano i suoi bozzetti incommensurabili, quegli sguardi aperti su panoramiche interiori, le tensioni immobili dei dialoghi scolpiti nell’aria (solida), mentre la natura osserva colma di cosmica indifferenza, amica e matrigna, terribile e meravigliosa.
C’è un collasso irreversibile nelle canzoni – nelle melodie, nella voce, nelle sonorità carezzevoli eppure spettrali – di Nick Drake, che mi investì molti anni fa in un momento difficile, quando per la prima volta mi capitò di fare i conti con la possibilità della perdita, della sofferenza, della vulnerabilità. Quando, in poche parole, la mia adolescenza residua stramazzò, per poi evaporare in una nuvola grigiastra che avrei imparato a chiamare maturità. Nick era lì, a cantarmi la sua flemmatica assenza di scampo e redenzione, il suo languido e inappellabile disincanto, la sua spietata dolcezza.
E, sapete, c’è ancora. Non lo puoi spodestare. Affiancato – mi piace pensarlo – da alcuni spiriti affini seppure diversissimi, sensibilità abituate a sostenere lo sguardo del “cane dagli occhi neri”, come (solo per citarne alcuni) Tim Hardin, Elliott Smith, Jason Molina, Mark Linkous e Vic Chesnutt. Eppure in questo pantheon di struggente desolazione Nick me lo immagino appartato, una figura allampanata e riluttante, schiva ma a suo modo imperiosa, il volto di ragazzo racchiuso nella sfera di quel sorriso enigmatico, lo sguardo appeso a un interrogativo sempre più stanco, a quelle corde pizzicate senza possibilità di errore, come se pizzicare corde potesse costituire una disciplina di assoluto. Da opporre all’insensatezza.
[…] uscì mezzo secolo fa, il 3 luglio del 1969. Lo stesso giorno – pensate – di Five Leaves Left, l’esordio del compagno di scuderia Nick Drake, anch’esso prodotto da Joe […]
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[…] Funetta ne Il grido). Riassumendo: il 3 luglio del ’69 escono due dischi meravigliosi come Five Leaves Left e Unhalfbricking, il primo firmato da un meraviglioso autore come Nick Drake, il secondo invece dei […]
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[…] rispetto al suo recente passato: da dove era sbucato quella specie di Paul Simon indolenzito Nick Drake? Da dove usciva quella vulnerabilità irrequieta, quell’anima esposta e sbilanciata su una […]
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[…] dei sogni cameristici Left Banke, l’arguta sottigliezza di Donovan, il fosco languore di Nick Drake, ma anche l’impeto scapigliato del tweepop, lo spavaldo abbandono degli Smiths, la solennità […]
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[…] convergono verso un polposo sconcerto: da dove era emerso quella specie di Paul Simon indolenzito Nick Drake? Cosa c’entrava col piglio tosto e ingrugnito da chitarrista e frontman messo in mostra fino ad […]
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[…] esiste una lista di canzoni preferite, ma solo di quelle che preferisco adesso), ad esempio manca Nick Drake, mancano i Talk Talk, mancano i Talking Heads, mancano gli italiani, insomma, manca tanta, troppa […]
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[…] specie di mistero radioso, come devono esistere da qualche parte tra gli incantesimi indolenziti di Nick Drake e gli arguti struggimenti dei Left Banke (una calligrafia che James Iha avrebbe ribadito tre anni […]
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[…] se una Trying To Reach You ipotizzava punti di contatto tra Neil Young e Nick Drake, se Any Day Will Be Fine e Bring Me Home (quest’ultima affidata alla trepida voce della […]
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[…] ciò che non vale per altri capolavori altrettanto belli ma infinitamente meno popolari come Five Leaves Left, It’s A Beautiful Day o The Band. A pensarci bene, se Abbey Road oggi dimostra di avere ancora a […]
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[…] e malsani, attraverso tremiti improvvisi e strane irrequietezze. Tra i fantasmi d’aria solida di Nick Drake, omeopatie Billie Holiday, microorganismi Talk Talk (Rustin Man, come sappiamo, è Mr. Paul Webb, […]
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[…] Nick Drake (19 giugno 1948 – 25 novembre 1974) […]
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[…] del vecchio Neil e di altri più o meno noti pezzi di Smog, Sparklehorse, Buckley figlio e padre, Nick Drake, Damon Albarn, Jason Molina e via discorrendo, è un po’ come assistere al mormorare di una […]
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[…] anni infatti avrei cercato: al riparo dei Rock Bottom, dei Five Leaves Left, degli Astral Weeks, del terzo dei Velvet Underground, dei Tigermilk. Dovunque potessi sottrarmi e […]
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[…] che pervade anche Desert Island Disk, folk-psych assieme nostalgico e (retro)futuristico, come un Nick Drake spedito in orbita a inseguire scie di comete Faust e le impronte fantasmatiche di Major Tom, il cui […]
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[…] un romanzo di cose piccole e grandi, come un film di Mazzacurati, come una canzone di Nick Drake. Come un crepuscolo di sogno e di carne, di freddo e mancanza, di terra e sguardi. Un romanzo che […]
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